ZES per la Regione Sicilia: “punto di partenza non di arrivo”

Scrive Francesco Agati, imprenditore e tecnico legale: “nell’apprendere che Il Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Giuseppe Provenzano, ha firmato il decreto istitutivo delle Zone Economiche Speciali per la Regione Sicilia, quasi 6 mila ettari, tra aree portuali, retroportuali e aree di sviluppo industriale. 

L’obiettivo è quello di attrarre investimenti in particolar modo nell’ambito dell’economia «portuale» in settori come la logistica, i trasporti ed il commercio, e di accompagnare la transizione ecologica degli insediamenti produttivi, attraverso una drastica semplificazione amministrativa e la possibilità di accedere a forti sgravi fiscali. 

Si tratta del passaggio finale di un percorso che ha visto l’impegno del ministero per il Sud e la Coesione territoriale per velocizzare l’iter di approvazione delle ZES, in piena e leale collaborazione istituzionale con la Regione Sicilia.


Essendo che come Presidente dell’Associazione “Sviluppo del Golfo” fui il primo a parlare tecnicamente delle ZES a Gela, proponendo nuove aree poi accolte dell’amministrazione comunale, non posso come consulente iniziare a parlare di secondo step per non essere impreparati alla sfida dei prossimi anni, ricordo che gli imprenditori hanno bisogno di un porto, nessuno fino ad oggi si è messo per l’utilizzo del Porto Isola, hanno bisogno di ferrovie, la Gela-Catania mi risulta impercorribile, hanno bisogno di autostrade, senza queste vie di comunicazione nessuno verrà ad investire nella Città del Golfo.

Che i nostri rappresentanti si sveglino invece di brindare per obiettivi raggiunti non loro.   Inoltre anticipo che serve un piano di snellimento per le autorizzazioni, ne servono 32, purtroppo i nostri rappresentanti non conoscono later burocratico.

Proverò a ricostruire alcune delle ragioni dello start up per aiutare la macchina burocratica a velocizzare i tempi. Prima di tutto, bisogna studiare bene il regime normativo adottato è inadeguato, frazionato com’è in diverse successive modifiche ed integrazioni, troppe in poco più di due anni (dal varo del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91 “Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno” convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2017, n. 123) comprese quelle contenute nella Legge di Bilancio 2020.

L’Italia è l’unico Paese al mondo che, nell’introdurre le Zone economiche speciali (Zes) sul proprio territorio, anziché procedere all’emanazione di una legge organica dedicata alla regolamentazione in maniera compiuta di tali strumenti, ha adottato un approccio immotivatamente minimale, dedicando ad hoc soltanto due articoli come corpus fondamentale, inseriti in un più ampio testo normativo avente un oggetto diverso (la crescita economica del sud Italia). Salvo poi essere state emanate norme successive, di rango secondario e di rango primario, ma queste ultime contenute in testi normativi “omnibus” o comunque di diversa finalità, nonché, per di più, non emanando disposizioni di dettaglio (inutilmente attese) esaustivamente chiarificatrici della reale portata di alcuni incentivi proclamati nella norma base (ad esempio, questo è il caso delle semplificazioni amministrative).


Il tutto ha prodotto uno stato di precarietà normativa “permanente”, con conseguente generazione di una situazione di estrema confusione e incertezza operativa sia da parte degli enti territoriali tenuti all’iniziativa di richiesta di istituzione delle Zes e della redazione dei Piani di sviluppo strategico, sia da parte degli investitori, impossibilitati ad avere una chiara definizione ex ante dello scenario regolamentare ed operativo nel quale si accingono ad investire le proprie risorse economiche. In secondo luogo, il regime di governance scelto appare errato e incongruo nella sua strutturazione e funzionalità, tant’è che in base alla Legge di Bilancio 2020 sono stati previsti tanti commissari straordinari di governo quante sono le Zes. Essi presiedono i comitati d’indirizzo, peraltro già inesatti sia nella composizione sia nel loro concepimento come organismo gestionale.

Pertanto, nei fatti, si tratta di un ulteriore ampliamento e suddivisione della governance, vale a dire proprio ciò che nell’essenza finisce per “complicare ed appesantire” anziché “semplificare”, l’attività di gestione delle Zes e le attività delle imprese che intendono investirvi.Bisogna evidenziare che la maggior parte degli Stati che ha implementato con successo le Zes, ha istituito un’authority indipendente, per supportare le funzioni di governo sulle politiche inerenti al settore, che è spesso supervisionata da vertici governativi, come il presidente, il primo ministro o, in via residuale, un ministro prevalentemente dell’economia, del commercio o delle finanze.


Considerato che l’istituzione delle Zes in determinate parti del territorio nazionale corrisponde alla volontà di perseguire obiettivi di rilevante interesse economico e sociale per il Paese, proprio l’istituzione di una “National Sezs authority” consente di assolvere all’esigenza di garantire uno sviluppo equilibrato di tali aree, esercitando funzioni di controllo sugli organismi incaricati della gestione ed amministrazione delle singole Zes, espletabili eventualmente anche attraverso uffici localmente decentrati.Inoltre è innegabile che in presenza di rilevanti interessi economici nazionali, quali appunto sono quelli sollecitati dalle funzionalità delle Zes intese come strumenti di accelerazione dello sviluppo economico per eccellenza, è estremamente opportuna la scelta di dotarsi di un’Autorità Amministrativa Indipendente, con personale avente qualificazioni altamente tecniche, in grado di tutelare i plurimi e variegati (dal punto di vista tipologico) interessi pubblici e della collettività coinvolti nello specifico settore. 

Che i nostri amministratori inizino a fare invece di festeggiare la sottoscrizione il decreto istitutivo delle Zone Economiche Speciali per la Regione Sicilia da parte di Provenzano è il punto di partenza non di arrivo, ancora abbiamo molta strada per fare arrivare gli imprenditori o rischiamo di rientrare all’interno delle ZES e non avere investitori nel territorio gelese”.