Walser, storica minoranza etnico linguistica

Piccola quanto storica minoranza etnico-linguistica tedesco-vallese che vive in 50 diverse comunità separate tra loro e sparse su tutto l’arco alpino—dalla Francia all’Austria, passando per la Svizzera, l’Italia ed il Principato del Liechtenstein— i Walser contano oggi con una popolazione di meno di 50 mila persone, la metà dei quali parlano ancora la vecchia lingua, mentre altrettanti di loro, pur avendone perso l’uso, mantengono comunque le tradizioni culturali, religiose e folkloristiche di questo fiero popolo montanaro, così legato alla loro identità.

La lingua dei Walser è in realtà una particolare variante del dialetto tedesco meridionale chiamata altissimo alemanno ed è molto simile al dialetto svizzero tedesco nella sua forma più arcaica, con tre possibili varianti: il titsch di Gressoney-Saint-Jean e La-Trinité, il töitschu di Issime ed il titzschu di Alagna Valsesia e di Rimella in Valsesia.

I Walser discendono da un’antichissima tribù germanica della Valle di Goms che, a partire dall’Anno Mille ha iniziato a colonizzare con attività agricole, pastorali ed artigianali le valli in alta quota —sopra i mille metri— rendendole produttive nonostante le diverse difficoltà naturali.

Rimasti per secoli isolati nelle loro valli impervie, collegate fra loro da sentieri di alta montagna, i 50 villaggi Walser sono ancora oggi organizzati secondo l’antico diritto germanico, con le famiglie —ognuna delle quali con la loro runa «huszichen» quale segno di riconoscimento— che eleggono a vita al loro interno un capo clan «sippe», primo inter pares, che gestisce sia le vertenze interne alla comunità che le relazioni esterne con le popolazioni e le autorità locali delle diverse regioni dove si sono insediati.

Poichè i coloni Walser andavano ad occupare zone fredde e disabitate —insomma quelle più inospitali— essi non facevano concorrenza alle altre genti ed erano quindi benvoluti da tutti, anche dai signori feudali che in loro vedevano non solo nuovi introiti economici —tasse e decime— ma anche sicuri guardiani dei valichi alpini, forti e validi combattenti, in quanto boscaioli svelti con l’ascia e cacciatori abili con archi e lance.

Questa autonomia delle comunità Walser anche nei confronti del sistema feudale fu garantita nel corso dei secoli dal potere imperiale e successivamente dai nascenti stati nazionali come —nel caso italiano— dalla Real Casa di Savoia per quanto riguarda i dieci villaggi Walser che —intorno al Monte Rosa, tra la Valle d’Aosta ed il Piemonte— rientravano nella loro giurisdizione.

Certo è che le condizioni di vita nei territori sabaudi erano mediamente migliori di quelle degli altri stati italiani ed europei, un fattore che fece crescere l’affetto e l’abnegazione verso i Re di Casa Savoia.

Molte famiglie Walser si imparentarono così con la nobiltà e la borghesia locale, trasformando il loro primato nella comunità in un patriziato decurionale ereditario di fatto, creando una vera e propria aristocrazia etnica parallela sul territorio, con una propria araldica che è ancora oggi ben visibile sulle loro proprietà.

«I Walser italiani sono rimasti fedeli sia alla weltanschauung germanica —includendo anche la concezione imperiale europea portata poi avanti dagli Asburgo— che alla Real Casa di Savoia.

Questo storico legame con Casa Savoia è simbolicamente rappresentato —in maniera forte e chiara— dal quadro (nella foto) esposto all’ingresso del Castel Savoia (Château Savoie) di Gressoney-Saint-Jean, in Valle d’Aosta, che ritrae Sua Maestà la Regina Margherita in abito tradizionale Walser» sottolinea il barone Roberto Jonghi Lavarini che fa parte sia del gruppo folkloristico Walser Urnafasch del suo paese di origine —Ornavasso in Val d’Ossola— che della Walser Uradel Kulturverein, associazione internazionale che riunisce 20 antiche famiglie aristocratiche, storicamente appartenenti a questa affascinante tradizione culturale.

«Sempre alla Regina Margherita di Savoiaè inoltre dedicato il rifugio alpino più alto d’Europa: la Capanna Margherita, a 4.554 metri di altezza sul Monte Rosa; mentre in Austria i Walser del Voralberg e del Tirolo ricordano tutti gli anni il Beato Imperatore Carlo d’Asburgo e nella Svizzera Vallese sono molti devoti a San Maurizio che —insieme a San Lazzaro— è anche Patrono dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro della Dinastia Sabauda, del quale sono cavaliere, come, prima di me, lo sono stati diversi miei antenati» conclude Jonghi Lavarini.