Palermo, lite tra detenuti nel carcere minorile
Ancora sangue e violenza in un carcere della Sicilia. Torna al centro delle cronache l’Istituto Penale per Minorenni di Palermo. A dare la notizia è Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, che proprio oggi è stato in visita al carcere dell’Ucciardone nel capoluogo siculo.
Capece racconta che durante il pranzo nel refettorio del carcere minorile “due detenuti sono venute alle mani per ragioni ancora da chiarire. Uno ha colpito l’altro con il vassoio porta pietanze e gli ha procurato serie lesioni.
Il tempestivo intervento dei poliziotti di servizio è stato decisivo, ma la situazione all’Istituto penale per minorenni è davvero tesa, proprio per l’alta presenza di detenuti maggiorenni, che sono lì ristretti in base ad una legge assurda (che consente agli adulti fino a 25 anni di stare in strutture per minori) che auspichiamo venga cambiato dal nuovo Governo”.
Capece sottolinea che presso l’IPM palermitano prestano servizio ben 9 educatori per 22 detenuti, numeri ottimali per garantire concrete azioni sul piano della rieducazione, ma ciò non avviene.
E lo spiega con efficacia proprio Capece: “Da molto, troppo tempo arrivano segnali preoccupanti dall’universitario penitenziario minorile. Abbiamo registrato e registriamo, infatti, con preoccupante frequenza e cadenza, il ripetersi di gravi eventi critici negli istituti penitenziari per minorenni d’Italia e di Palermo in particolare.
È da sottolineare, infatti, che nell’ultimo periodo diversi detenuti dell’IPM di Palermo provocano con strafottenza modi inurbani e arroganza i poliziotti penitenziari, creando sempre situazioni di grande tensione.
Ed è per questo che ci stupiamo di chi “si meraviglia” se chiediamo una revisione della legge che consente la detenzione di ristretti adulti fino ai 25 anni di età nelle strutture per minori”.
“I vari Governi che si sono alternati negli anni”, denuncia, “attraverso l’Amministrazione della Giustizia minorile e di Comunità ed il Ministero della Giustizia, anziché adottare provvedimenti che garantiscono ordine e sicurezza nelle carceri hanno dato corso ad una riforma penitenziaria che hanno minato proprio la natura stessa di pena e carcere, affidando il carcere ai detenuti e depotenziando anche il ruolo della Polizia Penitenziaria. E questo è grave e inaccettabile”.
Il leader del SAPPE ricorda che “come primo Sindacato della Polizia Penitenziaria abbiamo in più occasioni chiesto ai vertici del Dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità che le politiche di gestione e di trattamento siano adeguate al cambiamento della popolazione detenuta minorile, che è sempre maggiormente caratterizzata da profili criminali di rilievo già dai 15/16 anni di età e contestualmente da adulti fino a 25 anni che continuano ad essere ristretti.
La realtà detentiva minorile italiana, come denuncia sistematicamente il SAPPE, è più complessa e problematica di quello che si immagina: per questo si dovrebbe ricondurre la Giustizia minorile e di Comunità nell’ambito del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria piuttosto che mantenerla come Dipartimento a sé”.
Per Capece, infatti, “a questo hanno portato questi anni di ipergarantismo nelle carceri, dove ai detenuti è stato praticamente permesso di auto gestirsi con provvedimenti scellerati ‘a pioggia’ come la vigilanza dinamica e il regime aperto, con detenuti fuori dalle celle pressoché tutto il giorno a non fare nulla nei corridoi delle Sezioni.
E queste sono anche le conseguenze di una politica penitenziaria che invece di punire, sia sotto il profilo disciplinare che penale, i detenuti violenti, non assumono severi provvedimenti.
Ormai picchiare un poliziotto in carcere senza subìre alcuna conseguenza è diventato quasi uno sport nazionale, nella indifferenza della politica e dei vertici dell’amministrazione Penitenziaria”.
E si rivolge direttamente a Giorgia Meloni, leader di Fratelli di Italia e Premier in pectore”: “Al nuovo Ministro della Giustizia che verrà chiedo di avere quel coraggio che non hanno avuto i suoi predecessori nel modificare l’insostenibile e pericolosa situazione delle carceri italiane, per adulti e minori.
Non si può continuare così: la tensione che si vive nelle carceri è costante e lo sanno bene gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria che ogni giorno, nelle galere d’Italia, sono le vittime di aggressioni, umiliazioni, improperi, ferimenti, risse e colluttazioni da parte della frangia violenta dei detenuti. Servono con urgenza provvedimenti.
E la via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere, prevedendo che gli adulti non siano più ristretti nei penitenziari per minorenni e che il DAP assorba tutte le competenze della Giustizia minorile”.