Alla faccia di chi lo riteneva un fenomeno della politica americana destinato a morire sul nascere, a chi dopo i primi successi prediceva un suo tracollo nel Super Tuesday del 1 marzo, e a chi sosteneva che il re del mattone non avrebbe mai e poi mai ottenuto il numero sufficiente di delegati e sarebbe quindi stato silurato durante una Convention aperta. Il tycoon newyorkese, invece, ha conquistato ieri la nomination del Grand Old Party superando la soglia dei 1.237 delegati ancor prima della fine delle primarie. E soprattutto, ancor prima della rivale democratica Hillary Clinton, che nonostante sia vicinissima al successo, non riesce sino in fondo a neutralizzare il senatore socialdemocratico Bernie Sanders. Trump al contrario, grazie a un piccolo gruppo di delegati cosiddetti unbound, i superdelegati, liberi di votare per chi vogliono indipendentemente dai risultati delle primarie, è arrivato a quota 1.238, consolidando la sua posizione ed evitando lo spettro di una Convention contestata. E il numero è peraltro destinato con tutta probabilità a salire ancora, con i 303 delegati in palio nei cinque stati (California, New Jersey, Montana, New Mexico e South Dakota) dove si vota il 7 giugno. Approfondisci su ilgiornale.it