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Tentato omicidio e furto: condannata una famiglia di pastori gelesi

17 Maggio 2018
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17 Maggio 2018 - Complessivi 23 anni di carcere con il rito abbreviato sono stati comminati dal giudice per le udienze preliminari di Ragusa, Andrea Reale, nei confronti di una famiglia di pastori gelesi composta dal padre e dai 3 figli.

L’accusa è di tentato omicidio ai danni di un imprenditore di Comiso, proprietario di un oleificio di contrada Rinazzi e vittima di un furto nella sua proprietà, di cui sospettò essere proprio i pastori i presunti responsabili. Si tratta di Gaetano, Francesco, Orazio e Angelo Calabrese, rispettivamente il padre e i 3 figli. La pena più pesante è stata applicata per Francesco Calabrese: 8 anni di carcere. Orazio e il padre Gaetano sono stati condannati a 5 anni e 8 mesi, mentre Angelo è stato condannato a 3 anni e 8 mesi di reclusione. Il pubblico ministero aveva invece chiesto per i 4 imputati una pena complessiva pari ad oltre 30 anni di carcere. L’episodio criminale avvenne il 9 giugno del 2017. In quell’occasione, la vittima notò che all’interno della sua azienda, al confine tra Comiso e Vittoria, ignoti avevano già divelto un infisso. A quel punto chiuse il cancello per evitare la fuga dei ladri. Essendo a conoscenza che vicino al proprio terreno vi abitava una famiglia di pastori, insospettito si recò presso l’abitazione di Francesco Calabrese, soggetto di sua conoscenza che settimanalmente riceve da lui prodotti ortofrutticoli per gli animali. L’uomo chiese proprio a Calabrese se fosse stato lui a commettere il tentato furto. Dalle parole si passò subito passati ai fatti con il pastore che inveì contro la vittima tentando di colpirla a mani nude. A quel punto l’imprenditore andò via, chiedendo solo di non essere importunato. Temendo che qualcuno potesse portare a termine il furto all’interno dell’azienda, l’imprenditore vigilò la propria azienda a bordo della propria auto, alternandosi con il fratello. Un’ora dopo il fatto, l’uomo fu bloccato, poco distante dall’azienda, da due auto che lo fecero rallentare fino a farlo fermare, posizionandosi una davanti e una dietro. Dall’auto scesero quattro persone, due delle quali furono riconosciute dalla vittima per i fratelli Calabrese. I quattro presero a sprangate l’auto ed uno di loro, Francesco Calabrese, estraendo un’arma sparò 6 colpi all’indirizzo della vittima che era in auto mentre il fratello ignaro di tutto era all’interno dell’azienda. Uno dei colpi fu sparato alle spalle e si conficcò nel sedile dell’auto all’altezza del torace senza però ferire il conducente, salvo per pochi centimetri, in quanto il colpo fu deviato, con molta probabilità, da una delle molle dello schienale. La vittima riuscì a tamponare le due auto con manovre repentine, creandosi lo spazio necessario per darsi alla fuga e chiamando il 113, allertando la Polizia che il fratello si trovava da solo in azienda. Sul posto giunsero le volanti. Grazie al lavoro degli investigatori ed alla testimonianza diretta della vittima furono subito individuati i responsabili. Adesso sono giunte le condanne.

 

 

Giuseppe D'Onchia

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