La storia …. si ripete? Oggi il coronavirus, due secoli fa il colera indiano

Proponiamo ai nostri lettori ed a coloro i quali sono interessati alla storia della città di Gela un documento inoltrato dall’Avv. Carmelo Di Martino che ripercorre uno spaccato storico in merito ad una pandemia avvenuta circa due secoli fa; un omaggio dell’autore alla Città di Gela ed al suo Sindaco per la distribuzione gratuita ai concittadini.

Giugno 1837 – Il cholera morboso a Terranova

<< Precauzioni per garantire la pubblica salute >> 

Scrive Di Martino: “Nell’anno 1817 scoppiò, nel Bengala ed in India, una epidemia di colera di spiccata morbosità che, in poco tempo, divenne una pandemia vera e propria poiché ebbe larga diffusione e creò grande allarme in tutti i continenti. 

Il colera, detto anche << morbo asiatico o indiano >> per la sua provenienza, era causato da un bacillo chiamato <<vibrione colerico>> che trovava facilità di moltiplicazione e propagazione nelle pessime condizioni igieniche ed ambientali di territori ad alta densità abitativa e si introduceva nell’organismo umano dove colpiva l’apparato digerente con conseguenze quasi sempre incurabili e letali.

Ci vollero poco meno di venti anni prima che il morbo colerico arrivasse fino a noi (nel 1835), però va considerata l’inesistenza, all’epoca, di adeguati e rapidi mezzi di comunicazione, di trasporto e di contatti interpersonali tra le varie popolazioni della terra, vicine o lontane che fossero. 

Quell’epidemia fu devastante, i morti furono diverse decine di migliaia ed alcuni storiografi ne indicarono il numero impressionante di oltre duecentomila. 


Noi non sappiamo quanti furono i morti in Sicilia e nella nostra città di Terranova, però sicuramente ce ne furono e probabilmente anche tanti.

La diffusa mortalità, le carestie alimentari e l’assenza di adeguate misure di contrasto all’epidemia causarono in Sicilia altre imprevedibili e gravi conseguenze, quali diversi e sanguinosi tumulti popolari con tanti morti soprattutto nelle città più importanti come Palermo, Catania, Agrigento e Siracusa.  

All’epoca, la Sicilia faceva parte del Regno delle Due Sicilie (monarchia assoluta dal 1816 al 1861) con capitale a Napoli ed il Re Ferdinando II di Borbone (che regnò dal 1830 al 1859), qui in Sicilia rappresentato da un Luogotenente Generale che aveva sede a Palermo, mentre le Province erano rette da un Intendente (oggi Prefetto).

Giugno 1837, il << cholera morboso >> a Terranova.

<< Precauzioni per garantire la pubblica salute >>

Vediamo ora cosa fecero gli amministratori locali, il Comune di Terranova (all’epoca chiamato al femminile La Comunee l’Intendenza di Caltanissetta   (la Prefettura), per tutelare la popolazione della Città.

Quello che di seguito raccontiamo l’abbiamo riscontrato nel carteggio ufficiale intercorso, da giugno a settembre del 1837, tra il Comune e l’Intendenza (rinvenuto presso l’Archivio di Stato di Caltanissetta, fondo Intendenza e Prefettura, busta 2350), quando l’epidemia in altri luoghi era divenuta incontenibile ed allo stesso modo si ritenne che potesse accadere nel nostro territorio 

C’erano già state le prime avvisaglie negli anni precedenti tanto che l’Intendenza aveva emanato un’informativa (24 settembre 1836 n. 12135)con cui si comunicava che la Commissione Sanitaria Provinciale, nella seduta del 19 settembre 1836, aveva approvato una deliberazione, del precedente giorno 16, riguardante << gli uffizii soccorsali meno che per l’assegnazione del fondo delle spese pel quale si disse di doversi provvedere nel tempo opportuno al bisogno >> (gli uffizii o ufficii soccorsali erano gli adempimenti occorrenti per realizzare le misure precauzionali).

Nota – Qui siamo al solito vezzo, allora come adesso o viceversa, di soldi non se ne doveva parlare e dunque si rimandava l’eventuale erogazione di fondi per la prevenzione << al tempo opportuno, al bisogno >>, il che poteva voler dire … al mai, oppure … al quando … fosse successo l’irreparabile. 


L’Intendenza di Caltanissetta, per altro, si disse che nell’ottobre del 1836 aveva << approvato il proggetto (progetto) e la relazione di spesa per lo Spedale dei Cholerici >> (il lazzaretto).

Nota – Tale progetto consisteva nell’adattamento del vecchio Convento dei Frati Minori Osservanti che si trovava ubicato all’angolo di nord-ovest della cinta muraria (oggi angolo tra via Matteotti, via Crispi e via Ventura), convento in precedenza dedicato a Santa Chiara d’Assisi e nel quale, prima dei Frati Minori, vi erano state ospitate le Suore di clausura dell’Ordine religioso delle Clarisse. 

Quel Convento, attaccato ad una autonoma torre esterna alla cinta muraria detta la torrazza (ora inesistente), oggi è solo un rudere a cielo aperto, ma a suo tempo vi era all’interno una Chiesa, sicuramente dedicata a Santa Chiara ed ormai anch’essa inesistente sotto al cui pavimento, poco più di una decina di anni addietro, sono state rinvenute diverse cripte piene di scheletri ammassati in modo alquanto disordinato ed ora svuotate. Stesse cripte piene di scheletri sono state rinvenute anche nelle Chiese restaurate di recente a Gela ed ora anch’esse svuotate. 

In tempi successivi, fino ad inizi Novecento, quella parte rimasta in piedi del vecchio convento venne utilizzata a carcere (ma oggi non vi esiste più nulla tranne che solo parti residue dei muri sui lati nord ed ovest) mentre, in quell’altra gran parte dell’area sul prospetto di via Ventura (dapprima giardino), intorno agli anni ’30, vi fu costruito un edificio scolastico tuttora in funzione come scuola primaria.  

* * * * *

Il 12 giugno del 1837, nella Casa Comunale di Terranova, si riunì la Commissione di Salute Pubblica << in seduta straordinaria permanente >> alla quale parteciparono il Sindaco Angelo Biondi con  funzioni di Presidente, il Giudice del Circondario don Gioacchino

Giandalia (della Suprema Magistratura di Salute Pubblica), don Ferdinando Caci secondo eletto (alle elezioni comunali dopo il Sindaco?), l’Arcidiacono parroco don Luigi Mallia, don Vincenzo De Maria e don Giovanni Di

Menza deputati (delle Deputazioni Sezionarie Comunali o quartieri) e don Carmine La Chiusa (medico comunale). 

In quella sede il Sindaco diede lettura della circolare dell’Intendenza del precedente 10 giugno 1837 n. 8773 << con la quale furono partecipate (rese note) le risoluzioni date dal Supremo Magistrato di Salute di Palermo a seguito del grave occorso, avvenuto in quella città, della morte di due individui con validi sospetti di cholera asiatico>>.

Il deliberato assunto dalla Commissione nella seduta del 12 giugno 1837 venne strutturato in 10 punti:


1) Al primo punto della delibera si stabilì che << I punti per li quali dovrà solamente aver luogo l’introduzione (nella città) delle persone tutte indistintamente saranno la Porta del Calvario, la Porta del Salvatore e lo Stradone di Marina >>. 

Tale disposizione aveva lo scopo di realizzare una completa e maggiore praticità di controllo delle condizioni di salute delle persone che entravano in Città, di consentire l’ingresso a quelle sane e respingere le persone infette.

Le porte suddette erano situate lungo la cinta muraria federiciana che delimitava la Città, la Porta Calvario all’incrocio tra l’attuale Corso Vittorio Emanuele, la Circonvallazione Porta Vittoria e la discesa del Calvario, la Porta del Salvatore si trovava all’incrocio tra l’attuale Corso Vittorio Emanuele, la via Matteotti ed il Corso Aldisio, mentre lo Stradone di Marina era individuato dall’attuale sito della via Navarra Bresmes.

Prosegue la delibera << Invece, saran chiuse con fabrica (cioè in muratura) la porta di Caltagirone (in fondo alla via Bresmes) e la piccola porta detta della gradiglia>>

Sul primo punto del deliberato venne inoltre stabilito che << si doveva sostituire con muratura la vecchia porta in legno esistente a Porta Marina (nella punta sud dell’attuale via Marconi) ed alzare un muro lungo la vicina strada Buggè >> (zona viale Mediterraneo, da porta Marina a sotto il Calvario).

Nota – La porta della gradiglia, così chiamata con il termine dialettale della griglia per arrostire, era situata in fondo a quella via che, con termine italianizzato, si chiamava via Graticola mentre oggi è denominata via Filippo Morello. Questa porta era chiamata anche << u pirtusu >> (termine dialettale di pertugio, buco) a causa delle sue piccole dimensioni.

  • Il secondo punto della delibera stabilì che i proprietari delle case esistenti sul lato esterno della cinta muraria << dovevano chiudere con muratura tutte le porte, le finestre e i portelli (finestrelle) almeno ad altezza di 12 palmi (misura indicata da una grande mano aperta, che nel Regno delle due Sicilie era pari a cm. 26,45, e quindi almeno a circa 3,17/3,20 metri dal suolo) e ciò con la massima urgenza, entro due giorni, sotto pena di esecuzione della chiusura forzata ad opera e spese della Comune, con diritto di rivalsa e multa ai trasgressori di ventinove tarì >>.

Nota – All’epoca, nel Regno delle due Sicilie l’unità di conto-moneta principale era il ducato coniato solo in oro, mentre gli scambi erano normalmente effettuati con la più piccola unità di base, il grano in argento (al plurale la grana) dei quali ce ne volevano 10 per fare un carlino, 20 per un tarì, 60 per una mezza piastra e 120 per una piastra. La moneta più piccola era il carlino e da qui il detto << vale quanto un carlino >> per dire negativamente di una persona meschina. Per gli scambi di piccola entità c’erano i tornesi coniati in rame e che valevano la metà delle grana d’argento. Gli importi degli scambi erano scritti come nell’esempio che segue            15 : 20 : 70 e letti  Ducati : Grana : Tornesi.  

  • Il terzo punto del deliberato dispose che << il Sindaco procurerà di trovare delle case in affitto prossime ai luoghi designati per l’ingresso

alla Città >> (le tre porte sopradescritte) per allocarvi i Corpi di Guardia  

<< ed in mancanza di esse farà prontamente costruirvi le corrispondenti barracche (baracche) di tavole in conformità degli ordini ricevuti. In tali capanne provvederà il sig. Sindaco per un piccolo tavolato (per dormirvi), tre sedie, un tavolino ed altri piccoli oggetti >> (la povertà delle baracche e dell’arredamento è evidente per limitare al massimo le spese). 


<< In ciascun corpo di guardia vi faranno servizio tre individui uno dei quali con le funzioni di capo. La durata del servizio sarà per ore ventiquattro >>.

  • Al quarto punto della delibera la Commissione decise << che la chiesa di San Giacomo servirà per locale della contumacia (la quarantena) >>. (L’indicata Chiesa di San Giacomo non è più esistente ma si trovava nella stessa zona dell’attuale Chiesa che porta lo stesso nome).
  • Al quinto punto di quella delibera si stabilì che, << Essendo fuori le porte ed attaccato al Comune un Borgo le di cui strade sono tutte aperte, la Commissione delibera che le estremità delle medesime ed il punto che si frappone fra il convento degli Osservanti e la prima delle stesse(cioè tutte le vie che, dal Corso Aldisio alla via Crispi, sboccano nell’attuale via Matteotti) siano chiuse con muretti di fabrica(in muratura). Senza tale chiusura non potrebbe essere umanamente impedito nel Borgo l’ingresso delle persone e delle mercanzie che vi si possono introdurre. Gli espedienti deliberati furono altre volte con utili risultamenti (risultati) posti in pratica all’occasione che l’Isola di Malta trovavasi attaccata dalla Peste >>.

Nota – Il Borgo, in dialetto locale u Buvuru, è quel quartiere ubicato tra l’attuale corso Aldisio (di fronte alla villa comunale) che costituisce il confine a sud, la via Matteotti ad est, la via Crispi a nord e la via S. Giacomo ad ovest. U Buvuru, con levie Salerno, Bonanno, ecc., nel passato anche recente è stato un quartiere ad alta densità abitativa con la particolare caratteristica di avere tutte case unifamiliari in più piani, costruite su area di sedime della misura uniforme di quaranta metri quadrati e comprendente lo spazio della scala di accesso ai piani superiori.

  • Al sesto punto della delibera venne stabilito che << Per quanto riguarda la parte interna delle mura, la Commissione dispone che sia tenuto presente lo regolamento di ottobre 1832 e che nei prossimi giorni dovrà essere iniziata piena attività per esattamente eseguirlo. A quale oggetto ha ripetuto le sue raccomandazioni a tutte le Deputazioni Sezionarie con la Commissione riunite eccitando lo zelo ed il patriottismo di tutti i componenti le medesime >>. Nota – Ecco, anche allora si suscitava il patriottismo come adesso si espone la bandiera italiana e si canta l’inno nazionale.
  • Al settimo punto della delibera fu deciso che << Per lo Spedale dei Cholerici (lazzaretto) furono dall’Intendente approvati il proggetto (progetto) e la relazione degli 8 e 19 ottobre 1836. Delibera in conseguenza la Commissione che il Sindaco faccia prontamente eseguire la disposizione in proposito ricevuta e che prepari il locale suddetto (il lazzaretto) nel Convento degli Osservanti in modo di esser pronta ogni cosa. Il sig. Sindaco frattanto si unisce alla Commissione e (insieme) si occuperanno a far compire (completare) le firme (degli organi competenti) che mancano (sugli atti) per la fornitura gratuita dei letti secondo l’elenco stabilitone a 3 ottobre 1836. Per coloro che saranno negativi (per gli organi che non vorranno firmare) si darà sfogo all’officio (si darà corso all’ordine) dell’Intendente dato al 24 settembre 1836 n. 12135 formando la lista dei mezzi coattivi. Intanto ai termini di tale officio (in funzione di tale ordine) la Commissione si occuperà della compra di dieci coperte di lana e prega nel tempo stesso il sig. Intendente di passare i suoi ordini per lo acquisto di tutti gli utensili ed oggetti necessarii per lo Spedale secondo la circolare del 10 settembre 1835. N. 9850 >>.
  • Al punto 8 della delibera venne disposto che << Per gli officii soccorsali(adempimenti occorrenti per le precauzioni) la Commissione delibera l’occorrente al 16 settembre 1836, atto questo approvato dall’Intendente al quale non venne data alcuna risoluzione

(adempienza). La Commissione si auspica che l’Intendente approvi l’atto enunciato e facultare (autorizzare) il Sindaco alla spesa occorrente per adempiervi >>.

  • Il nono punto del deliberato dispose che << Trovandosi il Comune di avere pagato i suoi fondi per la compra dei medicamenti necessari alla cura del cholera, la Commissione prega il sig. Intendente di disporre di spedirne quella parte (di fondi) che a questo Comune appartiene onde trovarsi pronto nel caso che il cholera comparirebbe in questo capoluogo(città) >>.
  • Al decimo punto << Delibera finalmente la Commissione, che attesa l’urgenza dei provvedimenti del sig. Intendente questa deliberazione sia spedita in Intendenza a mezzo di un corriere straordinario>>. 

              La Commissione, firme dei presenti e sigillo del Comune

Nota – Le delibere venivano scritte a mano su fogli bianchi senza righe né margini, idealmente divisi in due colonne delle quali ne era utilizzata la colonna a destra mentre la colonna a sinistra restava libera per le osservazioni dell’Intendente o per appunti di altro genere.

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La delibera della Commissione Sanitaria del 12 giugno 1837, corredata del certificato di pubblicazione con la stessa data (a firma del Cancelliere Archiviario Filippo Solito), venne inviata il giorno successivo 13 giugno, a mezzo corriere straordinario, al sig. Intendente della Valle di Caltanissetta. 

Nota – Così era chiamato il territorio che poi diede nome alla Provincia del Vallone di Caltanissetta, vallone attraversato dal fiume Salso e che ancora oggi, con quel nome, individua la parte nord dell’attuale territorio provinciale. 


Con la delibera sopra descritta il Sindaco inviò all’Intendente una richiesta, pure datata 13 giugno 1837, << di rimettere con lo stesso corriere due o tremila stampe di bollette sanitarie, potendosi calcolare il consumo di esse a 300 circa al giorno attesa la concorrenza (l’affluenza) di tanti bardonari che si recan qui (vengono qui a Terranova per commercio) con zolfi e generi diversi. Le 100 (bollette sanitarie) che Ella mi inviò bastarono solo per momenti e si sta supplendo con bollette manoscritte. S’immagini quanta fatiga e quanto ritardo reca la mancanza delle stampe>>. Firma del Sindaco Angiolo Biondi. 

Nota – Il termine bardonaro qui è riferito alla persona, venditore ambulante, che trasportava sulla schiena un fagotto in robusta tela contenente prodotti da vendere in giro per la città. Esso deriva dal termine dialettale contadino varda o varduni, attrezzo agricolo caricato sulle bestie da soma per trasportare i prodotti della campagna. Lo stesso termine di vardunaru era riferito al mestiere dell’artigiano che realizzava le selle per le bestie da soma.

La copia della richiesta del Sindaco del 13 giugno 1837 contiene a sinistra il visto e l’autorizzazione dell’Intendente del successivo 14 giugno con la dicitura << se ne provveda >>.

Nota – Le bollette sanitarie, delle quali sopra si è riferito, erano le cosiddette              << patenti di sanità >> che in pratica costituivano il lasciapassare di entrata in città o di uscita consegnato alle persone non infette.

Insieme alla delibera del 12 giugno 1837 il Sindaco di Terranova inviò all’Intendente anche una lettera d’accompagnamento, pure datata 13 giugno 1837, con cui richiese di avere << precisi ordini su ciascuno dei 10 articoli di tale atto deliberativo, affinché io sappia senza tema di poter incorrere in qualche responsabilità ciò che dovrò praticare. Ho il preggio (pregio) di rassegnarle frattanto che i Corpi di Guardia fissati nella deliberazione per la custodia dei sopra descritti punti di ingresso alla città sono in attività entro case prese in affitto, prestandosi provvisoriamente il servizio dai Sorvegliatori d’interna sicurezza. Io vado ad occuparmi della formazione dello ruolo ordinato dalla cennata circolare (elenco di cose da fare?) e mi riserbo, compiuto che sarà, sottoporlo alla di lei approvazione. Si stan chiudendo con chiodi i portelli e le porte allo esterno del Comune per misura prettamente provvisoria, dovendo essere murati dopo che Ella si degnerà autorizzarmene. Io la prego facultarmi alle spese occorrenti inclusa quella per la mercede del corriere esibitore >>. 

                                          Il Sindaco Angiolo Biondi     

P.S. << La prego indicarmi da quali fondi dovrò prendere le somme che saranno necessarie alla esecuzione delle cose deliberate da questa Commissione Comunale >>. Il Sindaco Angiolo Biondi.

Nella colonna di sinistra della suddetta lettera è riportata l’annotazione dell’Intendente, datata 16 giugno, con cui si approva la deliberazione del 12 giugno in tutta la sua estensione, ma si aggiunge << che era stata approvata in precedenza, con atto del 24 settembre 1836 n. 12135, una deliberazione riguardante gli ufficii soccorsali

(adempimenti occorrenti a realizzare le misure  precauzionali), meno che per l’assegnazione di fondi per le spese per le quali si dichiarò di doversi provvedere nel tempo opportuno al bisogno >>.


Dunque niente soldi, più avanti si vedrà.

Prosegue l’annotazione dell’Intendente << Per le spese che si devono fare in conseguenza della deliberazione del 12 giugno 1837 si autorizza il Sindaco a cominciare a fare quelle che giudicherà le più urgenti e rimettendo ad altro tempo secondo la gravità del bisogno le altre spese giacché si spera che svaniscano subito tantosto i concepiti timori; e si regoli secondo le circostanze sullo stato sanitario di Palermo. I fondi si preleveranno dalle impreviste e dai resti di cassa. Si autorizza la spesa del corriere >>. Firma illeggibile dell’Intendente.

Nota – In pratica l’annotazione dell’Intendente suggeriva al Sindaco di arrangiarsi come riteneva opportuno, nella speranza che svanissero i timori dell’arrivo del colera. Per le eventuali spese (nel caso il colera dovesse arrivare) il Sindaco si arrangi pure sui capitoli (vuoti?) degli imprevisti e dei resti di cassa!

Inoltre, con lettera separata recante la stessa data del 16 giugno 1837, l’Intendente scrisse al Sindaco per ribadirgli il contenuto dell’annotazione sopra riferito e che, appunto, <<per gli ufficii soccorsali (adempimenti utili alle precauzioni) si era detto di doversi provvedere nel tempo opportuno al bisogno >>. Ed infine, << per la spesa del corriere si prelevino le somme dal capitolo delle spese imprevedute >>.

Con la stessa lettera del 16 giugno, l’Intendente comunicò al Sindaco che  << con la posta di domani gli avrebbe inviato un sufficiente numero di bollette di sanità >> (le cosiddette patenti di sanità) e vi allegò un foglietto (a perenne memoria!) che riportava il tratto della deliberazione della Commissione Sanitaria Provinciale del 24 settembre 1836 n. 12135  << con cui per l’assegnazione del fondo per le spese si dispose di doversi provvedere nel tempo opportuno al bisogno>>.

Poco tempo dopo, tra la fine di giugno ed il mese di settembre 1837, il Sindaco di Terranova diede incarico all’Architetto Emanuele Di Bartolo Morselli (v. in premessa della relazione) << di relazionare la spesa occorribile per la formazione di una barracca (baracca) di legname da piantarsi fuori la porta di Licata (o porta del Salvatore) per servizio sanitario interno; ben cautelata con liste di gesso, tavolato almeno per due persone (per dormirvi) e tutto altro all’uopo necessario. Quindi relazionare parimente la spesa per covertare (coprire) di tegole la piccola barracca del lazaretto in San Giacomo coll’aggiunta della porta e delle portelle in tre lati >>.


Prosegue la premessa della relazione << In prosieguo relazionare la spesa per far eseguire il soglio di pezzi d’intaglio nella parte del borgo vicino il giardino di Santa Maria di Gesù facendo il battente per la porta di legname, e ciò per non permettere che le persone si introducono nella parte interna per sotto la sudetta porta; finalmente fare eseguire una grada di legno nel buco della porta detta di Caltagirone da servire per lo scorrimento delle acque piovane e ciò per non permettere parimente l’introduzione delle persone >>.   

Ed ancora, nella relazione tecnica si legge << La detta barracca (baracca) sarà piantata a sinistra all’uscita della porta, attaccata alla casa di Cannizzo vicino al pilastro. La detta barracca (quella accanto alla porta del Salvatore) sarà di palmi 12 per palmi 20 (12 x 20 x cm. 26,45 misura del palmo = mq. 63,48) alta nel muro davanti palmi 7.6 (7,6 x 26,45 misura del palmo = mt. 2,00) e nel muro posteriore palmi 10 (10 x 26,45 misura del palmo = mt. 2,64), coll’apertura a tramontana ed un portello a mezzogiorno, col portellino pure di legname a scorritore. Finalmente tavolato almeno per dormire due persone >>. 

Qui la relazione tecnica prosegue con lo << scandaglio delle spese >>, che ammonteranno in totale a Ducati/Grana/Tornesi 9:17:97, compresi 8 grana quale compenso per la relazione. 

Terranova 26 settembre 1837   Emanuele Di Bartolo Morselli Architetto

Nota – Dalla lettura della relazione tecnica sopra descritta e della deliberazione del 27 settembre 1837 si evince con chiarezza che del progetto di adattamento del convento dei Frati Minori Osservanti a Spedale dei Cholerici, il lazzaretto, già non se ne parlava più e che il Comune, in pratica, aveva ripiegato nella più modesta opera di riparazione di una fatiscente baracca in legno adiacente alla vecchia chiesa di San Giacomo con destinazione a lazzaretto e che comportava la modestissima spesa di 1 ducato, 7 grana e 14 tornesi.

Il giorno successivo alla consegna della relazione tecnica, il 27 settembre 1837, si riunì la Commissione Sanitaria Comunale sotto la Presidenza del Sindaco Angelo Biondi che, all’unanimità, deliberò che << il Sindaco facesse eseguire con la massina urgenza le opere indicate nella perizia depositata>> (spesa complessiva di 9 ducati, 17 grana e 97 tornesi, comprensiva della spesa per la baracca del lazzaretto)  ed inoltre: 1) << la chiusura della porta Calvario con l’installazione della porta che prima era stata spiantata da porta Marina e ciò per evitare l’introduzione clandestina di persone infette profittando dell’oscurità della notte >>, 2) << la chiusura della porta Marina in muratura >>, 3) << di piazzare nella porta Licata una grada in morali di abete tale da potersi impedire l’ingresso delle persone >> e  4) << di prelevare le somme necessarie da tutti i fondi di cassa in generale, di assegnare  l’appalto in forma verbale (cioè senza gara) ed infine di chiederne l’approvazione all’Intendente >>. 

La risposta dell’Intendente (sempre negativa) venne il 30 settembre 1837, con la notazione a margine della suddetta delibera: << Non si possono più integrare nuove spese non urgenti …. senza ottenere lo scopo di garantire la pubblica salute >>“.