Piemonte: secondo ciclo di sperimentazione a favore dei cosiddetti “care leavers”

“Si tratta di quei ragazzi che, ormai vicini al compimento della maggiore età, allontanati dalla propria famiglia d’origine sulla base di un provvedimento dell’autorità giudiziaria, si ritrovano nella necessità di essere accompagnati verso l’indipendenza”, dichiara l’assessore al Welfare della Regione Piemonte, Chiara Caucino illustrando meglio il concetto di care leaver.

“Questa sperimentazione – prosegue l’assessore – è giunta al secondo ciclo ed è rivolta a coloro che non abbiano beneficiato del provvedimento di proseguo amministrativo, oppure ne abbiano beneficiato con previsione di percorso di autonomia”. Questa disposizione può essere adottata dal Tribunale dei Minorenni, che sulla base di un Regio Decreto del 1934 stabilisce il protrarsi della permanenza del neomaggiorenne in comunità educativa.

“Il progetto – spiega Caucino – consiste in un approccio multidisciplinare che mette a disposizione del ragazzo un sostegno economico, una ‘borsa’, che, anche andando ad integrare altre forme di beneficio come ad esempio il reddito di cittadinanza, possa favorire il percorso di avvio alla vita autonoma, la conclusione di un iter formativo o scolastico, nonché la figura di un cosiddetto ‘tutor per l’autonomia’ che lo segua nel suo percorso. Gli ambiti territoriali identificati per il prosieguo della sperimentazione sono gli stessi del primo ciclo: Torino, come previsto obbligatoriamente dal relativo Decreto direttoriale, e l’ambito di Asti, con il Comune di Asti capofila, sulla base del fatto che si tratta del territorio piemontese con il più alto rapporto tra totale della popolazione 17/21 anni residente e il numero di destinatari degli interventi”.

La somma stanziato dallo Stato per il primo ciclo ammontava a 450.000 euro, di cui 250.000 euro al Comune di Torino e 200.000 all’ambito di Asti. I due enti erano intervenuti con un cofinanziamento del 20%.

“Le Istituzioni – conclude Caucino – non possono voltare le spalle a questi ragazzi che già hanno vissuto, nella loro breve vita, difficoltà immani. Il rischio, per molti di loro, è l’esclusione sociale, la marginalizzazione, persino la devianza. Come Regione abbiamo il dovere di sostenerli e di accompagnarli lungo una strada che consenta loro di raggiungere l’autonomia e di vedere realizzate le loro aspirazioni”.