Animali in costituzione, on. Brambilla: “Una riforma che guarda al futuro, per un mondo più mite”

“A lungo l’idea che tra noi e gli animali vi sia un abisso invalicabile ha dominato la civiltà occidentale, quasi senza discussione. Oggi si è diffusa la consapevolezza che la situazione è, diciamo così, assai più complessa. Biologi ed etologi parlano tranquillamente di “intelligenze non umane”, di “diritti degli animali” si discute perfino nelle aule di tribunale di vari paesi.

L’art.9 riformato ha una grande forza. Evoca la “responsabilità verso le future generazioni” e quindi guarda avanti, a qualcosa che ancora non c’è: un mondo – per l’appunto – più mite, in cui il senso comune sia quello della ‘continuità’ tra uomo e animale nel vasto insieme dei viventi”.

Lo ha detto l’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente e presidente dell’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali, concludendo il suo intervento al convegno “I diritti degli animali nella recente riforma costituzionale” organizzato al Consiglio di Stato.

“Non tutti coloro che fanno politica hanno l’opportunità di realizzare almeno una parte dei propri sogni”, sottolinea l’ex ministro, firmataria per tre legislature di una proposta di legge che appunto mirava ad introdurre nella Carta fondamentale la tutela dell’ambiente e degli animali.

In questo caso il “sogno” personale realizzato con la riforma degli art.9 e 41 è anche un risultato che merita davvero l’aggettivo “storico”, perché “è la prima volta, dal 1948, che il Parlamento interviene su uno degli articoli della Costituzione che sanciscono i “principi fondamentali”.

In secondo luogo – ha proseguito – è resa finalmente esplicita, dopo trent’anni di discussioni e tentativi, ma anche di significativa giurisprudenza, la tutela dell’ambiente, degli ecosistemi, della biodiversità. Infine, l’aspetto più innovativo: è menzionata, e affidata alla legge dello Stato che ne disciplina i modi e le forme, la protezione degli animali”. 

La riforma, naturalmente, non è solo un punto d’arrivo, è soprattutto un punto di partenza. In particolare la formulazione adottata con riferimento agli animali (“La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”) contiene “una sollecitazione” alla quale bisogna dare una risposta, cominciando subito da argomenti già inseriti nei calendari del Parlamento o che facilmente potrebbero entrarci, come l’inasprimento delle pene per chi maltratta e uccide gli animali, la detenzione e il commercio di animali esotici e selvatici, le esche avvelenate, la macellazione rituale. 

Per “definire operativamente i contenuti minimi del concetto di tutela”, l’on. Brambilla propone di riferirsi al paradigma delle “cinque libertà” che trae origine dal Brambell report, la prima indagine sul benessere degli animali d’allevamento commissionata nel 1965 dal governo inglese.

Le “cinque libertà” furono codificate in seguito e utilizzate generalmente come strumento di misura del benessere animale. Esse sono: la libertà dalla fame, dalla sete e dalla cattiva nutrizione; la libertà di avere un ambiente fisico adeguato; la libertà dal dolore, dalle ferite, dalle malattie; la libertà di manifestare le proprie caratteristiche comportamentali specie-specifiche; la libertà dalla paura e dal disagio.

“Senza nulla togliere alla profondità e alla validità di passate e future riflessioni sui diritti degli animali – afferma l’on. Brambilla – sarei soddisfatta se i legislatori di oggi e quelli di domani, nell’attuare la previsione costituzionale sui nostri fratelli animali si orientassero il più possibile secondo questi criteri pratici. Sarebbe già un enorme progresso”.